La felicità

La felicità è un’emozione e un buon collante sociale: riduce le tensioni, deriva da una tendenza conservatrice dell’individuo, è un inibitore della aggressività e caratterizza tutte le culture umane. Può manifestarsi in ogni momento della vita e può essere di breve durata o protrarsi nel tempo; certamente non si apprende. Ricchi e poveri sono felici, o infelici, allo stesso modo. La felicità che provavano i nostri lontani antenati era uguale alla nostra.

      La felicità ha una funzione universale e gli scienziati ritengono che esista un centro nervoso della felicità, o del piacere, collocato nell’ipotalamo dorsale. Alcuni esperimenti negli animali hanno dimostrato che stimolando questa zona del cervello si aumenta il desiderio del cibo e, guarda caso, quello sessuale. Nel passato, il primo che ha dedicato molto tempo allo studio delle emozioni umane, compresa la felicità, comparandole con quelle animali è stato Charles Darwin. Lo ha fatto sottolineando l’aspetto adattativo naturale e predisposizionale delle emozioni. La felicità si può “leggere” sulla faccia di chi la prova, anche nei bambini nati ciechi che non si sono mai visti allo specchio e che quindi non sanno com’è fatto un volto umano.

         La felicità non va confusa con le esperienze sensoriali, percettive, motivazionali e sentimentali. Non esiste nessuna forza interiore che possa scatenarla. Ha poco a che fare con la cultura dell’individuo (orientale o occidentale) che la prova, anche se può essere codificata da una popolazione in maniera diversa rispetto a un’altra, senza però intaccarne la sua natura biologica. Ciò vale per la felicità come per altri stati emozionali, perché accanto alla felicità esistono altre emozioni fondamentali o primarie di cui tutti ogni giorno facciamo esperienza, come la paura, la collera, la tristezza, la sorpresa e il disgusto. Come si può leggere la felicità sul volto di un altro individuo e capire il suo stato d’animo? Alcuni psicologi evoluzionisti hanno sostenuto che la felicità e tutte le altre emozioni possono essere decodificate. Hanno creato un sistema, il cosiddetto FACS (Facial Action Coding System), identificando circa quaranta unità d’azione delle emozioni in base alle modificazioni espressive del volto. Ecco perché è stato possibile far assumere alla felicità dei connotati tipici di questo stato emozionale: l’ampiezza del sorriso (non del riso), la profondità e l’orientamento delle rughe dovute ad alcune contrazioni muscolari facciali e delle labbra, la dinamica dei movimenti oculari e delle orbite, delle ciglia e delle sopracciglia e altro ancora.

        Non esiste però una formula della felicità. Non fa nemmeno parte della personalità di ciascun individuo né si può commercializzare con la pubblicità, perché non è una merce. Se non fosse così saremmo messi veramente male. Se poi fosse possibile manipolarla per chissà quale scopo (in realtà gli scopi sono facilmente individuabili), non avremmo più vie di scampo: saremmo costretti a uniformarci a dei modelli culturali imposti dall’alto, da chi ha interesse a gestire la nostra esistenza. Questo non dovrebbe sorprenderci perché ad esempio tutto il mondo della pubblicità e della politica, soprattutto quella economica e finanziaria, opera subliminalmente in questa direzione. Non ce ne siamo accorti? La felicità diventerebbe una mercificazione che alimenterebbe un forte egoismo molto pericoloso nella società, una massificazione del pensiero e della logica. La felicità, quella che ci propina la pubblicità, è l’attimo che precede il bisogno di un’altra felicità, in sostanza un vortice infernale che non finisce mai e che poi alla fine ci rende infelici per sempre. Sorprendente è il fatto che, nonostante il progresso scientifico, tecnologico e l’aumento dei diritti umani, invece di aumentare come c’era da aspettarsi la felicità è rimasta piuttosto stabile e nelle società avanzate, come quella occidentale, è addirittura diminuita. Gli uomini chiedono il diritto di essere felici (sta scritto persino nella Costituzione americana) e il rispetto della dignità umana, ma i risultati positivi sono pochi. C’è molta delusione. Possiamo solo aspirare alla felicità, evitando il dolore, ma non è facile.

     Gli animali possono vivere i nostri stessi stati emozionali e quindi anche quello della felicità? Certamente sì, soprattutto i mammiferi superiori, solo che per noi esseri umani leggere in faccia le loro emozioni è più difficile tanto più l’animale si allontana dal nostro ramo evolutivo. Ecco perché per un uomo è più facile leggere questo stato emozionale sulla faccia di uno scimpanzé che su quella, per esempio, di un furetto. Noi uomini facciamo spesso esperienza della felicità negli animali, soprattutto di quelli domestici, come il cane che scodinzola di fronte al cibo che gli forniamo. Egli non è felice per il cibo in sé, ma per il fatto che glielo stiamo per dare e con una certa ritualità. È l’atto preparatorio che fa scattare nell’animale l’emozione della felicità, quando ci accingiamo a aprire il frigorifero o ci alziamo in piedi per andare a aprire una scatola di gustosi bocconcini di carne o un sacchetto di crocchette.

       E per gli animali selvatici? Nelle scimmie è molto evidente l’associazione della felicità al gioco sociale, ma anche a quello con gli oggetti. Quando questi animali giocano sono felici. Se sottoposte a puzzle senza  nessuna ricompensa, per esempio, le scimmie hanno dimostrato di risolverli per il piacere di farlo e si sentono felici, come fanno i bambini giocando agli indiani e cow-boy (come si faceva un tempo) oppure oggi con i video-giochi.

Foto Redazione da Unsplash

Priscilla Du Preez – Felicità Salute Benessere

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Angelo Tartabini, già professore ordinario di psicologia generale presso il Dipartimento di Medicina e Chirurgia dell'Università di Parma, in passato ha svolto attività di ricerca in Giappone (Kyoto University) (quattro anni), in Olanda (Institute of the Organization for Health Research, TNO)(un anno), negli Stati Uniti d'America (California University, Davis)(un anno), in Sud Africa (Witwatersrand University di Johannesburg)(un anno), in Canada (Ontario Institute for Studies in Education dell’Università di Toronto)(un anno) e in Inghilterra complessivamente per dieci anni, presso il Sub-Department of Animal Behaviour del Medical Research Council dell’Università di Cambridge sotto la direzione del Prof. Robert Hinde. E' autore di più di duecento pubblicazioni e di 16 volumi, tra i quali: Il mondo delle scimmie (Muzzio), L'uomo allo specchio (Il Pensiero Scientifico), Cannibalismo e antropofagia (Mursia), Una scimmia in tutti noi (B. Mondadori), Fondamenti di Psicologia evoluzionistica (Liguori), L'uomo scimmia (McGraw-Hill), Il Mondo in bilico (Mursia), Uomini e scimmie in pericolo (Mursia), Crimini contro l'ambiente (Liguori), Origine ed evoluzione del linguaggio in collaborazione con F. Giusti (Liguori), La coscienza negli animali (Mimesis) e Pensiero animale (Orme). Nel 2021 con il libro La coscienza negli animali ha vinto il Primo Premio per la saggistica “I Murazzi” di Torino, il Premio Internazionale di Letteratura Città di Como e il Premio Internazionale Percorsi Letterari dal Golfo dei Poeti Shelley e Byron, Lerici (SP). Nel 2022 con il libro Pensiero Animale ha vinto il Primo Premio letterario Città di Siena, il Primo Premio Nazionale di Divulgazione Scientifica KERIT-LC (Reggio Calabria) e il Primo Premio Letterario città di San Pietro Apostolo (CZ). In passato ha pubblicato articoli di divulgazione scientifica presso il Corriere della Sera e La Stampa. Dal 2019 al 2021 ha collaborato con Wall Street International Magazine e poi con la Rivista online MEER. Dal 2022 collabora con articoli di divulgazione scientifica alla Rubrica Uomini e Animali della Gazzetta di Parma e alla pagina Lettere e Commenti del Corriere Adriatico.
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